La Disprassia

Definizione di disprassia

Il significato del termine prassia è “saper fare” e  si riferisce alla capacità dell’individuo di compiere un’azione intenzionale avente uno scopo ben preciso. Possiamo definire la disprassia come un alterato sviluppo di tale capacità.

Come si manifesta la disprassia

Il bambino disprassico ha difficoltà nel rappresentare, pianificare, programmare, organizzare, eseguire e controllare sequenze di singoli movimenti al fine di raggiungere un determinato scopo: non sa come fare o cosa fare. Non sa prevedere o verificare se il risultato ottenuto corrisponde a quello atteso.

Come riconoscere la disprassia

Occorre osservare e monitorare lo sviluppo delle abilità motorie del bambino. Potremmo notare una scarsa agilità nei movimenti del bambino:

  • cade, inciampa frequentemente, corre goffamente, ha difficoltà a scendere o salire le scale da solo, ha difficoltà ad andare in bicicletta o impara tardi a farlo
  • non sa e, spesso, non ama disegnare, non sa tenere in mano correttamente una matita, ha difficoltà a scrivere, ha una pessima grafia
  • non sa ritagliare con le forbici
  • non sta mai fermo, si distrae in continuazione, non sa organizzare giochi tranquilli che richiedono abilità di motricità fine e coordinazione oculo-manuale
  • non riesce a vestirsi da solo, ad abbottonarsi la camicia o i pantaloni e anche quando ci riesce fa tutto in modo maldestro e con molta lentezza
  • può presentare difficoltà nelle funzioni oculomotorie o ritardo nello sviluppo del linguaggio
  • può incorrere in difficoltà scolastiche o emotivo-relazionali

Come curare la disprassia

Si può intervenire con la psicomotricità, detto trattamento specifico di tipo NPM, per migliorare l’ideazione, la pianificazione e l’esecuzione dei gesti, rinforzando la motivazione e la finalità del movimento e sperimentandone il piacere.

Percorso terapeutico

Colloquio
gratuito

Valutazione

Terapia

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Colloquio gratuito

È possibile richiedere un primo colloquio gratuito su iniziativa dei genitori, su richiesta del pediatra o delle insegnanti.
Il primo colloquio è un momento conoscitivo con il genitore utile a raccogliere informazioni rilevanti sulla storia clinica del bambino/ragazzo e sulle criticità che hanno spinto a richiedere questo primo incontro, porre dubbi e fare domande.
Questa fase aiuta a identificare l’eventuale problema e fornisce un primo orientamento per impostare la successiva fase di valutazione.

Valutazione combinata

L’iter valutativo è caratterizzato da una serie di incontri durante i quali vengono raccolte informazioni e somministrati test e questionari utili a indagare il funzionamento cognitivo e neuropsicologico; le prestazioni negli apprendimenti; gli aspetti emotivi e comportamentali del bambino/ragazzo.
Gli incontri possono coinvolgere vari specialisti: neuropsichiatra infantile, psicologo-psicoterapeuta, logopedista, neuro-psicomotricista. Lavorando ciascuno nella propria professionalità, in équipe giungono a una visione globale e complessiva del funzionamento dell’individuo, delle difficoltà e dei punti di forza.
A conclusione del percorso diagnostico viene redatta la relazione che sintetizza quanto emerso, con indicazione delle proposte di intervento ritenute più opportune.

Terapia

Sulla base delle specifiche necessità emerse in fase di valutazione, viene proposto un intervento individualizzato sulla persona, con la l’indicazione di modalità, tempi e obiettivi a breve, medio e lungo termine.

Follow up

Al termine della terapia, sono previsti degli incontri per monitorare l’andamento del quadro clinico nel corso del tempo.